sabato 11 settembre 2021

11 SETTEMBRE 20 ANNI DOPO

 

 

Disegno di  ANDREA LUPO                                                  TUTTI I DIRITTI RISERVATI

domenica 15 agosto 2021

Omaggio a Gino Strada

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lunedì 28 giugno 2021

Calcio, Diritti Lgbt e DDL Zan. L'amara storia di Justin Fashanu

 


 
Che siate appassionati di calcio o meno, prendetevi qualche minuto per leggere l’amara storia di Justin Soni Fashanu. Stella del calcio britannico che nel 1979 iniziò la sua carriera in gloria, brillando coi colori verde-gialli del Norwich City, per poi concluderla suicida in un garage abbandonato nel 1998. Suoi “compagni di squadra” in quel momento tragico il cavo elettrico necessario allo scopo e un biglietto in cui si discolpava dalle accuse (in seguito smontate) di aver fatto sesso (consensuale, come fu acclarato) con un ragazzo che intendeva per lo più ricattarlo. “Spero che il Gesù che amo mi accolga: troverò la pace infine” concluse il giocatore nelle due scarne e dolenti righe d’addio. Sì perché Justin Fashanu era omosessuale. Non certo il primo o unico calciatore gay della storia ma il primo che scelse di rivelarlo pubblicamente, mettendosi in gioco nella partita più difficile di quell’ ipocrita campionato morale che si disputa fra individuo e società. Il coming out maturò anni dopo (nel 1990 per la precisione), fra rabbia (impossibilità di essere se stesso nella puritana Inghilterra dei primi anni ‘80) e frustrazione (l’essere marginalizzato durante gli allenamenti), complice un deflagrato rapporto professionale col coach del Notthingam Forest che, da conservatore qual era, non tollerava le frequentazioni di Justin e ne stigmatizzava davanti agli altri compagni le preferenze sessuali. Pur di riconquistarne la fiducia nel 1981 Fashanu si presta perfino a una tragica farsa: si presenta in campo con una fidanzata di comodo allo scopo di "riabilitarsi" davanti ad allenatore e compagni di squadra. Amara conclusione di un processo di “normalizzazione” avviato dal giocatore con l’aiuto di un consulente religioso. Viene cacciato da due poliziotti. Da quel momento in poi il “giocattolo” esotico da un milione di sterline (questo il suo cachet del 1981) si rompe e Fashanu si limita a sopravvivere -non più a brillare- sul campo verde che più amava, alternando ingaggi brevi, allenamenti e una resa di gioco modesta e alterna. Il coming out del 1990 viene “illuminato” dalle luci del “Sun” che ne ospita l’intervista ufficiale (e gli regala per un po’ l’illusione di aver squarciato il velo dell’ipocrisia nel mondo sportivo), ma viene ottenebrato da pesanti abbandoni familiari, come quello del fratello John e di tutti i fratelli della comunità nera. Da lì in poi sarà caduta senza possibilità di risalita. Campionati mal giocati fra cori razzisti e banane lanciate sul campo, il calcio sostituito dal gossip e infine gli incontri occasionali nei club, uno stupido ricatto sessuale e la decisione di farla finita per non incorrere nell’ulteriore umiliazione di un processo che era, comunque, “nato morto” (il ricattatore ammise la consensualità del rapporto e gli investigatori non sapevano che prove dover cercare). Questa la tragica storia di una promessa che non potè farsi campione e di un uomo che non potè essere se stesso se non al prezzo di una vita. Fashanu è stato riabilitato nel 2020 grazie alla legge che porta il nome di un’altra vittima eccellente di discriminazione (la “Alan Turing Law”, dal nome dell'omosessuale grazie al quale oggi tanti vomitano selfie e sentenze sui loro processori) e quindi inserito nella “Hall of Fame” del calcio inglese, anche se la notizia, a causa della pandemia, almeno in Italia, è passata abbastanza inosservata. La lettura della sua biografia non chiede nuove lacrime di coccodrillo ma giusto una considerazione finale. Con un piccolo raffronto fra realtà. Perché nel paese che ha “determinato” la caduta di Fashanu, il regolamento della Premier Legue ha stabilito una punizione fino a 19 settimane di squalifica per chi urla “negro”, “frocio” o “finocchio” in campo. Nello stesso anno (2016) di questa civile revisione inglese in Italia si assiste invece a un imbarazzante teatrino calcistico-verbale in cui l’allenatore del Napoli prima dà del “frocio" e del "finocchio” al collega dell’Inter e poi si giustifica con un maldestro “ho detto la prima offesa che mi veniva in mente", rincarando infine con un sublime "avrei potuto dargli anche del democristiano!”. Rileggete la prima parte della sua frase e avrete una delle (tante) ragioni per cui il DDL Zan in questo paese non è solo necessario ma quando nascerà (si spera presto) sarà perfino già “preistorico”. Perché se bisogna affidarsi ancora a un provvedimento del Governo per stabilire i confini di ciò che va considerato o meno “offesa” (l’allenatore in questione evidentemente aveva le idee confuse), figuriamoci per quelli di un’aggravante di reato assurdamente tenuta fuori dal codice penale. C’è da scrivere una nuova pagina di giusnaturalismo autentico in questo paese stanco, annodato in un moralismo sterile, fiero della propria tracotanza e delle sue veline verbali e violente contro le vite degli altri. C'è ed è urgente. Non fosse altro che per lo spettacolo di vedere due allenatori insultarsi soltanto a colpi di “ideologie" politiche.
Nel frattempo, quando in questi giorni (e nei campionati futuri) guarderete le partite, non fermatevi agli stadi illuminati o meno dai colori arcobaleno ma ricordate chi era Justin Fashanu, per cosa ha vissuto e del motivo per cui avete letto questo post fino alla fine.
 
Testo e disegno di Andrea Lupo 

mercoledì 17 febbraio 2021

IL GOVERNO DRAGHI TRA "SPERANZA", INCOGNITE E COMPROMESSI- una vignetta

 

Vignetta di ANDREA LUPO                                                              TUTTI I DIRITTI RISERVATI

venerdì 5 febbraio 2021

Sant'Agata 2021. Una festa senza la festa.

 

SANT'AGATA 2021. 

Una festa senza la festa. Fuochi d'artificio senza polvere da sparo e i devoti sempre "devoti tutti" ma senza l'urlo nelle strade e i calli nelle mani. Ed è giusto così. Quest'anno non saranno i catanesi a contemplare la Santa in mezzo alla città ma sarà lei a guardare tutti noi dalla cattedrale. Giudicandoci se necessario. A Catania una buona festa, anche senza la sua festa.


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