venerdì 10 aprile 2020

Agnello di Dio, una lettera per te


Una lettera insolita, ironica e tragica per questi giorni difficili.





Agnello di Dio che, da circa duemila anni, togli i peccati del mondo, si vede che ultimamente non hai molta pietà di noi.
E ne hai pure tutte le ragioni direi.
Per carità non sto qui ad elencartele solo perché devo giustificare un disegno (fatto per vanità lo ammetto) ma piuttosto perché, se mi metto nei tuoi panni e fingo per qualche ora di essere il CEO della nominata “Regno-di-Dio Spa”, quotata società per azioni (ma anche per opere e omissioni) che secoli fa aveva puntato tutto sull’uomo per la sua produzione in serie di bontà, la voglia di dimettermi verrebbe subito anche a me.
Già perché questo mammifero raziocinante (capace di cose bellissime certo ma anche di altrettanti assurdi contrari) per qualche motivo si sente ancora il centro unico del “creato” invece che una delle tante particelle vitali del cosmo (parola bellissima, significa “ordine” ma tu lo sai già). Pensando dunque (ma lo faceva ben prima di duemila anni fa) che quel creato sia sempre stato lì al suo servizio e non invece il contrario, l'uomo ha piegato le grandi ragioni del mondo alle sue insignificanti ragioni-formichine, modificandolo fisicamente, mercificandone l'essenza e catalogandone pure i popoli. Serie A e serie B dappertutto. In pratica è diventato amministratore delegato al posto dell’agnello senza neppure passare il voto del gran consiglio degli apostoli. Da allora insomma fa un po’ come gli pare e piace o delega il da fare-e-piace a chi comanda, specialmente a quelli che, sbraitando, gli spiegano come funziona il mondo in dodici mosse, tre hashtag  e due tweet (tempo di lettura 6 secondi).

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, se non hai più molta pietà di noi sarà per le ragioni di cui sopra e magari anche per altro. Dato che rimani in silenzio anche in giorni così difficili qualcuna di queste, col tuo permesso, vorrei aggiungerla io. Perché se siamo veramente fatti a tua immagine, da circa duemila anni come ci ricordano sempre, ci sono un paio di cose da sapere (no tu le sai già, scusa) sulle strane fotocopie che ne sono venute fuori.
Certo hai fatto dei bravi fedeli, esseri umani magnifici che neppure si sentono ma che fanno più rumore dentro le esistenze di chi ha la fortuna di incontrarli. Hai reso fedeli anche molti uomini retti, che retti magari lo erano pure prima in forza di una legge naturalistica che gli impediva di essere eccessivamente stronzi col prossimo. Poi però la macchinetta ha iniziato a buttare giù a ritmo incessante risme e risme di credenti-comparse. E qui, consentimi, qualcosa deve essersi inceppato. Perché le lavanderie, sia quelle al fiume o quelle a gettoni, c’erano già, dunque non si capisce perché queste fotocopie incontrollate dovessero recarsi tutte in chiesa con le ceste colme di panni zozzi da farsi lavare a suon di sermoni. Non sarebbe stato meglio suggerir loro di restare al fiume a lavare i loro panni e magari altruisticamente anche i panni degli altri?
Hai fatto poi di alcuni fedeli degli insoliti martiri che semplicisticamente dividerei in due categorie; i martirizzati dalla vita e dalla casualità e che nonostante tutto continuano a crederti, e martiri che non ce l’hanno fatta a reggere il peso delle tragedie (piccole o grandi) e hanno preferito smettere di crederti. Non hanno colpa di un simile abbandono; questa semmai è imputabile a chi gli ha fatto credere nella sola fede a gettone, efficace e puntuale come una lavanderia. Spesso sono pure i più soli lo sai? Sì lo so che lo sai.
Infine ci sono quelli che pur non essendo stati martiri ma giusto un po’ mediamente sfigati (sarebbe la vita ma vabbè) si sono accontentati della tua biografia per convincersi che non crederti o non frequentarti sarebbe stato comunque un bel risparmio di tempo (specialmente la domenica). Fanno idealmente loro questa altisonante citazione tratta da un film che sicuramente avrai visto (perché tu li hai visti tutti): “E già che ci sono ci metto pure Gesù Cristo. Se l’è cavata con poco. Un giorno sulla croce, un weekend all’inferno e poi gli alleluja per il resto dell’Eternità”. Vista così in effetti sembra convincente. 
Infine ci sono gli agnostici che io chiamo atei senza un’ossessione specifica da coltivare. Lo so è riduttivo ma piace anche a me mettere etichette sulle fotocopie. Alcuni non sarebbero male come cristiani lo sai? Sì lo so che lo sai. 


Agnello di Dio, dopo le prime due prometto che questa è l’ultima e che oltre non andrò (anche perché nel tuo refrain ci sono solo tre strofe). Siccome non hai pietà di noi allora dona a noi la pace. Eh già, sì, la pace. Si vede quanta ne bramiamo quotidianamente. Siamo talmente uomini di pace (non mi chiamo fuori neppure io che ammetto di essere un po' iracondo) che pace e silenzio li usiamo per giustificare il nostro essere blandamente inattivi. Spiegaglielo a chi la invoca oggi che per far arrivare i tuoi stessi seguaci a quel concetto hai dovuto battagliare coi potenti e sorbirti pure un ipotetico schiaffo sull'altra guancia. Insegna cioè che la pace richiede non solo "lotta" ma anche pazienza e rinuncia, un esercizio sull'auto- controllo che ha più dell'eroico che del "pacioso". Il concetto di pace però ce lo siamo cucito lo stesso addosso come un confortevole abito borghese fatto con la maglia del “tanto non cambia niente” e le braghe del “se invadi la mia vita (il mio pensare, il mio credere, il mio non-so-che-cosa ma tanto è mio) te ne faccio pentire”. 
Scusami Agnello di Dio se apro così tante parentesi e ti faccio innervosire mentre leggi ma il problema è che il mondo quaggiù, nel basso dei cieli, vive e vivacchia di e fra parentesi. E sono talmente tante e spesso così fittamente intrecciate fra loro che vanno a perdersi in una trama senza senso. Il punto-croce (scusami) è che non siamo fatti per la pace, perché la pace implica rinuncia all’egocentrismo innanzitutto. E se la  invochiamo, come fanno alcune delle tue fotocopie più brutte, brandendo i rosari come fossero berette dichiariamo guerra alla pace. In nome dell’egocentrismo.
Agnello di Dio qui non ti si chiede nessun dono di pace. E non perché i martiri di questo tempo (come di ogni tempo) non la meritino ma perché la fede non funziona come una lavanderia a gettoni né come la lampada di un impalpabile genio delle favole. Il dono autentico è che l’uomo comprenda da solo di non essere più il centro di tutto e torni a ragionare come parte del cosmo, responsabile del suo ordine. La vita dopo ogni terremoto dovrebbe ripartire da lì. Altrimenti le morti, recenti e passate, saranno state solo biologia e le tragedie non avranno insegnato nulla.
Agnello di Dio se esisti, come si dice da duemila anni, riprendi in mano la società, rendi l'uomo la migliore fotocopia di se stesso. Che la pace vera poi la troverà da solo senza aspettare cha scenda dall'alto. 
Ah, Buona Pasqua anche a te.


Testo e disegno di Andrea Lupo. Tutti i diritti riservati.