In cerca di un motivo per celebrare nuovamente la festa di Sant’Agata lo
trovo stavolta rinchiuso in un ricordo personale. Quello di un volto di
statua in cui, da piccolo, non riuscivo a scorgere il viso di una
bambina e che mi incuteva soggezione e perfino turbamento.
Vi
vedevo una donna o piuttosto una signora. Ieratica, impassibile e
ingioiellata. La "plastificazione" di una santa che nascondeva il mito
della bambina. Di quella figlia orgogliosa che, stando alle cronache,
difese la sua fede fino a morirne. Oggi, cresciuto, quella statua non
mi turba più. Mi ritrovo invece dinanzi a una festa che inebria gli
animi, elevandoli fino a un trasporto emotivo quasi pagano, coi devoti
che piangono sangue e lacrime che sgorgano dai loro guanti. Non sono
nessuno per giudicare tutto questo ma gli occhi per osservare li abbiamo
tutti.
Amare così visceralmente la propria santa, figura
simbioticamente unita alla terra, al sale, alla lava e al mare non
possiamo dire se sia veramente divino. Però di certo è potentemente
umano. Ed è quel lato umano che vale più di ogni giudizio. Perché se
Agata è sempre quella bambina orgogliosa, testardamente legata alle sue
idee e così ostinata da difenderle fino alla morte, allora si può capire
perché i catanesi le vogliono ancora così bene. Mi piacerebbe che
"cittadini, devoti e tutti" potessero scorgervi l’esempio universale di
chi non si assoggetta al potente, di quelle donne (e di altrettanti
uomini) che si riscattano semplicemente quando vivono pienamente se
stessi. Che potessero trovare in Agata l'esempio di una bellezza e di
una spontaneità orgogliosa. Del vivere di chi respira invece della
mortificazione di chi annaspa. Per questo ho deciso di raffigurarla come
statua sorridente, coi capelli dorati e smossi dalla brezza. Sospesa
tra una luce (divina?) e il fuoco votivo degli uomini, è un idolo
sorridente che libera dal timor della santa e non nasconde più la
bambina. Una Agata finalmente fiera, vitale e gioiosa. Perchè il divino
non può albergare nell'intransigenza dei simulacri ingessati ma dovrebbe
celebrarsi nello schietto incanto delle anime vibranti.
(Disegno di Andrea Lupo)