venerdì 15 maggio 2020

Addio a Louis Sepulveda




Questo disegno per Louis Sepulveda realizzato frettolosamente dopo la sua morte fa non è fra quelli che mi soddisfano. E' imperfetto, stilisticamente indeciso e anche poco somigliante. Tuttavia lo pubblico ugualmente per rendere omaggio non solo all'artista ma soprattutto per restituire all'arte -e agli artisti- quel senso che molti non le riconoscono più in tempi così difficili. Perchè se, come in un ipotetico film di fantascienza, dovessimo abbandonare la terra per colonizzare un nuovo pianeta dovremmo scegliere di portare con noi le categorie più importanti, iniziando ovviamente da medici, ingegneri, scienziati, fabbri, muratori, cuochi, sarti, insegnanti, da tutti coloro insomma che incarnano quell' ideale lavorativo necessario, utile e concretamente spendibile. Gli artisti quell'Arca di Noè sarebbero probabilmente gli ultimi a varcarla. Perchè la musica è archiviabile, libri e film comprimibili e tutta l'arte visuale che conta per molti è stata già creata. L'arte non cura dai mali, non soddisfa la fame, non costruisce edifici e non studia (o insegna agli altri) il mondo intorno. In sintesi “non” sarebbe lavoro. Perché l'arte non chiede nessuna giustificazione all'infuori del suo semplice esistere, anche se per esistere ha bisogno di essere considerata lavoro. E' però lavoro "non necessario", che non può richiedere la "blauschein", la carta blu che i nazisti attribuivano ai mestieri indispensabili per l’economia del Terzo Reich. Ma se da alcuni non è ritenuta necessaria l'arte resta comunque "lavoro" perchè espressione dell'anima al lavoro, di un cuore in tumulto e di una coscienza cui è concesso di andare oltre la meccanica di tutti gli altri mestieri per afferrare la verità celata tra gli ingranaggi. E' spiritus, immateriale ispirazione che congiunge l’invisibile e gli invisibili. E ogni suo prodotto ed elaborato, ogni bozza "sbozzata", nota, tratto e strofa non conclusi sono capitoli incompleti di quel romanzo dal finale aperto che è l'umanità. Questo post è dedicato agli artisti che scrivono questi capitoli nel chiuso delle stanze, che creano emozioni sui set fisici ma recitano e danzano nei teatri del loro cuore; agli attori che non possono calcare le scene e ai musicisti che non sudano più dentro il golfo mistico. Agli scrittori e ai pittori alle prese coi loro diari della quarantena. A tutti quei “creatori” ai quali ci rivolgiamo quando tutti gli altri mestieri non ci sono più di conforto. E’ un post per gli artisti e per l’arte, per chi la fa e la diffonde nei luoghi fisici, per chi stacca i biglietti e assicura i posti perché crede sempre che l’esperienza non sia archiviabile e l’emozione non comprimibile. A tutti quei lavoratori che vivono grazie ad altri lavoratori e di cui al momento ci si è dimenticati. Perchè non è il “prodotto” a “far” semplicemente l’arte, ma è l’esperienza che ci ha condotti ad essa a renderla viva. E per quell’esperienza occorrono altri lavoratori. Che non bisogna dimenticare. Auguri a tutti quei lavoratori invisibili che però sono ancora tanto “necessari”. E un ciao ancora a te Louis…

Testo e disegno di Andrea Lupo 


venerdì 10 aprile 2020

Agnello di Dio, una lettera per te


Una lettera insolita, ironica e tragica per questi giorni difficili.





Agnello di Dio che, da circa duemila anni, togli i peccati del mondo, si vede che ultimamente non hai molta pietà di noi.
E ne hai pure tutte le ragioni direi.
Per carità non sto qui ad elencartele solo perché devo giustificare un disegno (fatto per vanità lo ammetto) ma piuttosto perché, se mi metto nei tuoi panni e fingo per qualche ora di essere il CEO della nominata “Regno-di-Dio Spa”, quotata società per azioni (ma anche per opere e omissioni) che secoli fa aveva puntato tutto sull’uomo per la sua produzione in serie di bontà, la voglia di dimettermi verrebbe subito anche a me.
Già perché questo mammifero raziocinante (capace di cose bellissime certo ma anche di altrettanti assurdi contrari) per qualche motivo si sente ancora il centro unico del “creato” invece che una delle tante particelle vitali del cosmo (parola bellissima, significa “ordine” ma tu lo sai già). Pensando dunque (ma lo faceva ben prima di duemila anni fa) che quel creato sia sempre stato lì al suo servizio e non invece il contrario, l'uomo ha piegato le grandi ragioni del mondo alle sue insignificanti ragioni-formichine, modificandolo fisicamente, mercificandone l'essenza e catalogandone pure i popoli. Serie A e serie B dappertutto. In pratica è diventato amministratore delegato al posto dell’agnello senza neppure passare il voto del gran consiglio degli apostoli. Da allora insomma fa un po’ come gli pare e piace o delega il da fare-e-piace a chi comanda, specialmente a quelli che, sbraitando, gli spiegano come funziona il mondo in dodici mosse, tre hashtag  e due tweet (tempo di lettura 6 secondi).

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, se non hai più molta pietà di noi sarà per le ragioni di cui sopra e magari anche per altro. Dato che rimani in silenzio anche in giorni così difficili qualcuna di queste, col tuo permesso, vorrei aggiungerla io. Perché se siamo veramente fatti a tua immagine, da circa duemila anni come ci ricordano sempre, ci sono un paio di cose da sapere (no tu le sai già, scusa) sulle strane fotocopie che ne sono venute fuori.
Certo hai fatto dei bravi fedeli, esseri umani magnifici che neppure si sentono ma che fanno più rumore dentro le esistenze di chi ha la fortuna di incontrarli. Hai reso fedeli anche molti uomini retti, che retti magari lo erano pure prima in forza di una legge naturalistica che gli impediva di essere eccessivamente stronzi col prossimo. Poi però la macchinetta ha iniziato a buttare giù a ritmo incessante risme e risme di credenti-comparse. E qui, consentimi, qualcosa deve essersi inceppato. Perché le lavanderie, sia quelle al fiume o quelle a gettoni, c’erano già, dunque non si capisce perché queste fotocopie incontrollate dovessero recarsi tutte in chiesa con le ceste colme di panni zozzi da farsi lavare a suon di sermoni. Non sarebbe stato meglio suggerir loro di restare al fiume a lavare i loro panni e magari altruisticamente anche i panni degli altri?
Hai fatto poi di alcuni fedeli degli insoliti martiri che semplicisticamente dividerei in due categorie; i martirizzati dalla vita e dalla casualità e che nonostante tutto continuano a crederti, e martiri che non ce l’hanno fatta a reggere il peso delle tragedie (piccole o grandi) e hanno preferito smettere di crederti. Non hanno colpa di un simile abbandono; questa semmai è imputabile a chi gli ha fatto credere nella sola fede a gettone, efficace e puntuale come una lavanderia. Spesso sono pure i più soli lo sai? Sì lo so che lo sai.
Infine ci sono quelli che pur non essendo stati martiri ma giusto un po’ mediamente sfigati (sarebbe la vita ma vabbè) si sono accontentati della tua biografia per convincersi che non crederti o non frequentarti sarebbe stato comunque un bel risparmio di tempo (specialmente la domenica). Fanno idealmente loro questa altisonante citazione tratta da un film che sicuramente avrai visto (perché tu li hai visti tutti): “E già che ci sono ci metto pure Gesù Cristo. Se l’è cavata con poco. Un giorno sulla croce, un weekend all’inferno e poi gli alleluja per il resto dell’Eternità”. Vista così in effetti sembra convincente. 
Infine ci sono gli agnostici che io chiamo atei senza un’ossessione specifica da coltivare. Lo so è riduttivo ma piace anche a me mettere etichette sulle fotocopie. Alcuni non sarebbero male come cristiani lo sai? Sì lo so che lo sai. 


Agnello di Dio, dopo le prime due prometto che questa è l’ultima e che oltre non andrò (anche perché nel tuo refrain ci sono solo tre strofe). Siccome non hai pietà di noi allora dona a noi la pace. Eh già, sì, la pace. Si vede quanta ne bramiamo quotidianamente. Siamo talmente uomini di pace (non mi chiamo fuori neppure io che ammetto di essere un po' iracondo) che pace e silenzio li usiamo per giustificare il nostro essere blandamente inattivi. Spiegaglielo a chi la invoca oggi che per far arrivare i tuoi stessi seguaci a quel concetto hai dovuto battagliare coi potenti e sorbirti pure un ipotetico schiaffo sull'altra guancia. Insegna cioè che la pace richiede non solo "lotta" ma anche pazienza e rinuncia, un esercizio sull'auto- controllo che ha più dell'eroico che del "pacioso". Il concetto di pace però ce lo siamo cucito lo stesso addosso come un confortevole abito borghese fatto con la maglia del “tanto non cambia niente” e le braghe del “se invadi la mia vita (il mio pensare, il mio credere, il mio non-so-che-cosa ma tanto è mio) te ne faccio pentire”. 
Scusami Agnello di Dio se apro così tante parentesi e ti faccio innervosire mentre leggi ma il problema è che il mondo quaggiù, nel basso dei cieli, vive e vivacchia di e fra parentesi. E sono talmente tante e spesso così fittamente intrecciate fra loro che vanno a perdersi in una trama senza senso. Il punto-croce (scusami) è che non siamo fatti per la pace, perché la pace implica rinuncia all’egocentrismo innanzitutto. E se la  invochiamo, come fanno alcune delle tue fotocopie più brutte, brandendo i rosari come fossero berette dichiariamo guerra alla pace. In nome dell’egocentrismo.
Agnello di Dio qui non ti si chiede nessun dono di pace. E non perché i martiri di questo tempo (come di ogni tempo) non la meritino ma perché la fede non funziona come una lavanderia a gettoni né come la lampada di un impalpabile genio delle favole. Il dono autentico è che l’uomo comprenda da solo di non essere più il centro di tutto e torni a ragionare come parte del cosmo, responsabile del suo ordine. La vita dopo ogni terremoto dovrebbe ripartire da lì. Altrimenti le morti, recenti e passate, saranno state solo biologia e le tragedie non avranno insegnato nulla.
Agnello di Dio se esisti, come si dice da duemila anni, riprendi in mano la società, rendi l'uomo la migliore fotocopia di se stesso. Che la pace vera poi la troverà da solo senza aspettare cha scenda dall'alto. 
Ah, Buona Pasqua anche a te.


Testo e disegno di Andrea Lupo. Tutti i diritti riservati.

mercoledì 26 febbraio 2020

La peggiore mutazione del CORONAVIRUS



Un disegno che vuol essere, nonostante la serietà della situazione, soprattutto un appello...

#restiamonormali 





Disegno di Andrea Lupo. Tutti i diritti riservati.

lunedì 3 febbraio 2020

Sant'Agata, più bambina e meno simulacro




In cerca di un motivo per celebrare nuovamente la festa di Sant’Agata lo trovo stavolta rinchiuso in un ricordo personale. Quello di un volto di statua in cui, da piccolo, non riuscivo a scorgere il viso di una bambina e che mi incuteva soggezione e perfino turbamento.
Vi vedevo una donna o piuttosto una signora. Ieratica, impassibile e ingioiellata. La "plastificazione" di una santa che nascondeva il mito della bambina. Di quella figlia orgogliosa che, stando alle cronache, difese la sua fede fino a morirne. Oggi, cresciuto, quella statua non mi turba più. Mi ritrovo invece dinanzi a una festa che inebria gli animi, elevandoli fino a un trasporto emotivo quasi pagano, coi devoti che piangono sangue e lacrime che sgorgano dai loro guanti. Non sono nessuno per giudicare tutto questo ma gli occhi per osservare li abbiamo tutti.
Amare così visceralmente la propria santa, figura simbioticamente unita alla terra, al sale, alla lava e al mare non possiamo dire se sia veramente divino. Però di certo è potentemente umano. Ed è quel lato umano che vale più di ogni giudizio. Perché se Agata è sempre quella bambina orgogliosa, testardamente legata alle sue idee e così ostinata da difenderle fino alla morte, allora si può capire perché i catanesi le vogliono ancora così bene. Mi piacerebbe che "cittadini, devoti e tutti" potessero scorgervi l’esempio universale di chi non si assoggetta al potente, di quelle donne (e di altrettanti uomini) che si riscattano semplicemente quando vivono pienamente se stessi. Che potessero trovare in Agata l'esempio di una bellezza e di una spontaneità orgogliosa. Del vivere di chi respira invece della mortificazione di chi annaspa. Per questo ho deciso di raffigurarla come statua sorridente, coi capelli dorati e smossi dalla brezza. Sospesa tra una luce (divina?) e il fuoco votivo degli uomini, è un idolo sorridente che libera dal timor della santa e non nasconde più la bambina. Una Agata finalmente fiera, vitale e gioiosa. Perchè il divino non può albergare nell'intransigenza dei simulacri ingessati ma dovrebbe celebrarsi nello schietto incanto delle anime vibranti.

(Disegno di Andrea Lupo


domenica 26 gennaio 2020

Giorno della Memoria. Anche l'amnesia è reato.



Giorno della memoria e di ogni memoria. Della Shoah e di tutti gli eccidi sistematici. Di quelli consumati sotto croci uncinate, falcetti e martelli, coi ceppi ai piedi e dentro i roghi di massa. Pelli bianche, rosse, gialle e nere. Volti sioux e occhi a mandorla, le mani di un violinista e quelle giunte dei monaci, donne aborigene e madri nomadi. Il disabile e il nativo, l’ebreo, il palestinese e il cristiano, il meridionale e l’irlandese, l’”invertito” e l’apolide. Ci sono tutti, ci siamo tutti. E chissà quanti altri potrebbero starci.
Il libro più nero dell’uomo ha pagine di carne scuoiata ed è scritto con una penna indiana che intinge inchiostro da un calamaio stillante sangue. La stilografica dell’odio guidata da mani eccitate, smaniose, abiette e protette. Sì perché l’odio è come l’enzima del latte: si succhia una volta, ti resta dentro una vita.
Il giorno della memoria che diventa quello di tutte le memorie. Per vincere il male del secolo, l’incapacità di ricordare. Niente cerimonie in silenzio ma solo l’esercizio di una facoltà intellettiva. Perché la dimenticanza è gemella dell’odio e l’odio a sua volta è dimentico: non sa neppure perché odia quando odia. Ed è ignorante quanto pesa.
Ecco allora che tornano le svastiche sulle lapidi, i saluti romani di chi non ha vissuto marce, l’Auschwitzland dei dementi in camicette nere e i campi per provetti omofobi. Tutto intorno muoiono i nonni e con loro i racconti, il ricordo di chi ricorda mentre la Storia per i più diventa trama di un film noioso e scolastico. Troppo ripetitivo per entusiasmare, troppo distante per non sbiadire. Il Dio-Like ci ricorda però di condividere perché così evitiamo di leggere. Intanto altrove si muore in mare, si muore di silenzio e giustizialismo, si detesta ai semafori, si invidia pure il povero. Negre-Segre- Ebreo-Cinese. Negro-Emigro-Froci-Croci… "Nuovi balilla ballano belli sopra le balle dei nuovi bulli"... Una filastrocca li educherà ma non li salverà dal groviglio ipocrita patria-famiglia-Dio (ma c'è?). "Barbare Barbie, Ominicchi ai citofoni, Subito un tweet, Presto i microfoni!". Una filastrocca a chi li voterà.
Poveri morti uccisi due volte, da un sistema codardo e l’amnesia blasfema.
Giorno della memoria e di ogni memoria. Perché chi ancora ricorda può ricordare anche di “essere stato”. Nessuno invece rammenterà più quelli che han preferito dimenticare. Vetrofanie umane, caricature gossip di coscienze civili. Sono polvere che non sarà mai cenere. Perchè la cenere è di chi ha bruciato vivendo. La polvere invece è di chi è rimasto fermo morendo.

Andrea Lupo (tutti i diritti riservati)